Buon maestro è già quello che non lega, comprime o snatura l'anima dell'alunno.
Sono molti che leggono ogni maniera di libri, e mai non aprono il libro dell'anima propria; e quando pure l'aprissero, non vi saprebbero leggere.
Il discorso d'infinite persone è formato di parole simili a monete false, adulterate, o corrose: non hanno mai il valore che mostrano d'avere e che dovrebbero avere.
Ciò che una generazione imparò a caro prezzo, la susseguente disimpara celiando.
Per imparare certe cose bisogna saperne disimparare certe altre.
Ributtare da sé i mali non necessari è degno dell'uomo; ma anche più degno sopportare con animo forte i necessari.
Ottimo è quel maestro che, poco insegnando, fa nascere nell'alunno una voglia grande d'imparare.
Pronuncia sempre con riverenza questo nome maestro, che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo.
Avere autentici maestri è una grande fortuna, ma è anche un merito, perché presuppone la capacità di saperli riconoscere e di sapere accettare il loro aiuto.
Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.
L'insegnamento effettivamente è come un cibo, il cui possessore è colui che lo distribuisce.
Il maestro si limita a «muovere», a stimolare il discepolo e il discepolo solo se risponde a questo stimolo - sia durante che dopo l'esposizione del maestro - arriva ad un vero apprendimento.
L'unico vero maestro non è in nessuna foresta, in nessuna capanna, in nessuna caverna di ghiaccio dell'Himalaya... È dentro di noi!
L'arte suprema di un maestro è la gioia che si risveglia nell'espressione creativa e nella conoscenza.
Non sempre dipende dal maestro fare buoni allievi. Occorre l'aiuto della natura: il seme deve trovare il terreno adatto.