Non si pensa di morire quando si è felici.
È la forza della vita che ti insegna a non mollare mai, anche quando sei sul punto di dire basta.
È strano scoprire l'intensità che l'uomo ha nei confronti della voglia di vivere: basta una bolla d'aria rubata da una grotta ideale, sommersa dal mare, per dare la forza di continuare quella lotta basata su un solo nome: speranza.
La felicità dovrebbe essere l'unica condizione della vita; dove la felicità fallisce, l'esistenza rimane un folle e lamentevole esperimento.
Tre cose occorrono per essere felici: essere imbecilli, essere egoisti e avere una buona salute. Ma se vi manca la prima tutto è finito.
E vaffanculo. È questa la parola che viene istintiva quando ti capita di sentirti inaspettatamente felice, tutt'a un tratto.
La felicità è un vecchio fondale dipinto da una sola parte.
La felicità è facile, ma imparare a non essere infelici può essere arduo.
Qualsiasi felicità è un capolavoro: il minimo errore la falsa, la minima esitazione la incrina, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada.
Si dice che chi sa far felici gli altri è un Santo. Allora è forse questo l'arduo compito degli angeli?
La felicità non è fare tutto ciò che si vuole, ma volere tutto ciò che si fa.
Chiedetevi se siete felici, e cesserete di esserlo.
L'uomo più felice è quello che conosce meglio l'arte di rendersi tale senza venir meno ai propri doveri, e il più infelice è quello che ha scelto un modo di vivere che lo costringe a fare ogni giorno, dal mattino alla sera, malinconiche riflessioni sull'avvenire.