Non potendo fare a meno di non avere una vita, ho quella dei miei personaggi.
Gratta appena un po' sulla commedia e viene fuori il dramma, e viceversa. Tutto starebbe nel sapersi fermare in tempo.
Non c'è peggior disonesto di colui che si dà anima e corpo all'onestà per farla franca.
L'amore non è il toccasana dei mali.
In una società in cui è concesso solo ai maschi l'istinto e alle femmine il calcolo culturale sul proprio residuo d'istinto di sopravvivenza chiamato sentimento, non c'è che povertà, viltà, meschinità relazionale.
Un uomo è sempre così convinto di essere un vulcano per dono divino che gli sembra degradante doversi confrontare con una faccenda di faville.
La proprietà è instabile, e la giovinezza sfiorisce in un momento. La vita stessa è tenuta nelle fauci digrignate della Morte, e tuttavia gli uomini ritardano di lasciare il mondo. Ahimè, il comportamento del genere umano è sorprendente.
La vita non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade.
Nella fanciullezza la vita ci si presenta come uno scenario teatrale visto da lontano; nella vecchiaia come il medesimo scenario visto da molto vicino.
Ho dedicato me stesso ad investigare la vita e non so perché né se esiste.
L'uomo comune, anche se non sa che farsene di questa vita, ne vuole un'altra che duri per sempre.
Invecchiando si diventa più bravi a gestire la propria vita.
Si vive per anni accanto a un essere umano, senza vederlo. Un giorno ecco che uno alza gli occhi e lo vede. In un attimo, non si sa il perché, non si sa come, qualcosa si rompe una diga fra due acque. E due sorti si mescolano, si confondono, e precipitano.
La vita è questa cosa, la cosa in cui si sta, in cui non si può non continuare a stare anche quando teoricamente la vita finisce.
Chi vive, quando vive, non si vede; vive... Se uno può vedere la propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina.
Uno può avere la percezione dell'insieme della vita, ma nessuno dovrebbe ricordarne i dettagli. I dettagli sono sempre volgari.