Sono un uomo semplice, io. Dev'essere per questo che sono un incompreso.
L'uomo ha inventato Dio soltanto per non uccidersi.
Non c'è destino che non si vinca con il disprezzo.
All'infuori del sole, dei baci e dei profumi selvaggi, tutto ci sembra futile.
Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio.
Nei nostri amici amiamo il morto fresco, il morto doloroso, la nostra emozione, noi stessi insomma.
Il terrore consiste in una morbosa sensazione di paura, di qualche cosa che non potrei ben definire neppure io, di un non so che d'inconcepibile, d'inesistente nell'ordine delle cose, ma che pur deve assolutamente, forse proprio in quel medesimo istante, avverarsi.
Le persone che non si conoscono bene diventano nella nostra testa più interessanti, ciò che noi vogliamo che siano. Come le persone che si incontrano al semaforo: dopo averti sorriso, scatta il verde e partono. Si ha la sensazione che siano quelle che stavamo cercando da anni.
L'infinito in sé è piatto e poco interessante. Guardare un cielo notturno è guardare l'infinito: le distanze incommensurabili sono incomprensibili e quindi senza senso.
La maggior parte delle persone entra nella tomba senza aver mai cantato la musica che ha dentro.
Non so perché l'ho fatto, non so perché mi sono divertito a farlo e non so perché lo farò di nuovo.
Le menti ristrette si sono sempre scagliate contro ciò che non capiscono.
Ogni volta (spesso) che mi accade di non capire qualche cosa, istintivamente mi prende la speranza che sia di nuovo la volta buona, e che io torni a non capire più niente, a impossessarmi di quella saggezza diversa, trovata e perduta nel medesimo istante.
Non si dovrebbe parlare di Dio. Non conosciamo la sua lingua. L'Universo si manifesta e scompare senza parole, siamo noi a inventare una voce al suo terribile silenzio.
L'avanguardia, in ogni campo, è opera dei solitari, dei senza-amici, degli esclusi.
Le folle comprendono raramente qualcosa degli eventi che compiono.