Il contrario di un popolo civilizzato è un popolo creatore.
Come si può continuare a vivere con le mani vuote quando prima stringevano l'intera speranza del mondo?
La bellezza è insopportabile, ci guida alla disperazione, offrendoci per un minuto uno squarcio dell'eternità che vorremmo allungare sopra la totalità del tempo.
Nei nostri amici amiamo il morto fresco, il morto doloroso, la nostra emozione, noi stessi insomma.
I martiri non costruiscono le chiese, bensì sono punti di riferimento oppure un alibi. Sono seguiti da preti e da bigotti.
L'uomo è l'unica creatura che rifiuti di essere quello che è.
Se i popoli si conoscessero meglio, si odierebbero di più.
Non vi è condizione peggiore per un popolo di quella di divenire soggetto ad un altro popolo.
Il destino dei popoli è determinato dal loro carattere e non dai loro governi.
Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.
Per la salute dei popoli il morbo più temibile è l'ambizione dei governanti.
Appellarsi invece al popolo significa costruire un figmento: siccome il popolo in quanto tale non esiste, il populista è colui che si crea una immagine virtuale della volontà popolare.
Il popolo è fatto di molti vuoti zeri, cui volentieri s'aggiunge chi si sente una cifra.
Come il popolo è l'asino: utile, paziente e bastonato.
Quelli che cercano di guidare il popolo possono farlo soltanto seguendo la plebe.
Il popolo capisce poco ciò che è grande, cioè: la creazione. Ma esso ha comprensione per tutti gli attori e i commedianti delle grandi cause.