L'abitudine alla disperazione è peggiore della disperazione stessa.
C'è un solo problema filosofico veramente serio: il suicidio. Giudicare se la vita vale o non vale la pena di essere vissuta significa rispondere alla questione fondamentale della filosofia.
La rivolta, in senso etimologico, è un voltafaccia. In essa, l'uomo che camminava sotto la sferza del padrone, ora fa fronte. Oppone ciò che è preferibile a ciò che non lo è.
Qualsiasi forma di disprezzo, se avviene in politica, prepara o instaura il fascismo.
Non esiste rivolta senza la sensazione d'avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione.
La noia è un male che non deve essere preso alla leggera. Può portare alla fine alla vera disperazione. L'autorità pubblica prende contro di essa ovunque delle precauzioni, come contro altre calamità universali.
È sempre svantaggioso combattere contro chi non ha nulla da perdere.
La costanza e la fedeltà non meritano che disperazione e abbandono.
Non abbandonarti alla disperazione altrimenti non riuscirai a parlare con il tuo cuore.
La disperazione è un contabile. Vuol far tornare i conti. Niente le sfugge. Addiziona tutto. Non molla neppure i centesimi. Rimprovera a Dio i fulmini e i colpi di spillo. Vuole sapere come regolarsi con il destino. Ragiona, pesa e calcola.
Solo un uomo che ha sentito la disperazione finale è capace di sentire la beatitudine finale.
L'uomo sarebbe onnipotente se potesse esser disperato per tutta la sua vita, o almeno per lungo tempo, cioè se la disperazione fosse uno stato che potesse durare.
La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile.
La disperazione è come quei bambini precoci, che, quando porti via uno dei loro giocattoli, buttano il resto nel fuoco per rabbia. Diventano arrabbiati con se stessi, si trasformano nei loro stessi aguzzini, e vendicano le loro disgrazie sulla loro stessa testa.
Lasciate che il vostro cuore soffra per l'afflizione e la disperazione degli altri.