"Casa, dolce casa" deve essere sicuramente stato scritto da uno scapolo.
Vivere è come amare: la ragione vi è contro, ma ogni sano istinto a favore.
Non sono un 'pantofolone', ci ho provato, ma la vita domestica con i suoi rituali e le sue abitudini mi toglie l'aria.
È mai possibile che in questa casa immensa, con cento stanze e cinquanta bagni, sia un problema fare una cazzo di pipì?
Vivo in un monolocale così stretto che se mi metto un paio di ciglia finte spolvero tutti i mobili.
Sono nato in una casa con 17 persone. Ecco perché ho questo senso della comunità assai spiccato. Ecco perché quando ci sono meno di 15 persone mi colgono violenti attacchi di solitudine.
Le stanze non esposte ad un'aria che trapassi fuggitele come la peste.
Quella era una casa senza madri, senza sorriso.
Ormai non ci sono più terreni vergini. Noi ormai viviamo uno sull'altro. È questa la California adesso. Il mondo intero è così. Non c'è più spazio libero e comunque per natura siamo obbligati a pretendere il nostro piccolo spazietto e quindi continuiamo a costruire.
Come in alcune case romane, anche nella mia c'era un posticino appartato dove vi era sistemato un altarino dedicato ai defunti.
Nella stessa casa suocera e nuora insieme ci stanno proprio come due mule selvaggie alla stessa mangiatoia.
Una casa senza libri è come una stanza senza finestre.