C'è una grande striscia di violenza in ogni essere umano. Se non viene incanalata e compresa, sfocerà in guerra o in follia.
Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l'energia essenziale della vita su questo pianeta. Si forza quanto è nato per essere aperto, fiducioso, caloroso, creativo e vivo a essere piegato, sterile e domato.
Bisognerà che penetriamo in profondità più fonde dei cieli, e che diventiamo più vecchi de' primissimi angeli, prima di poter sentire, sia pur nelle vibrazioni minime, l'immortale violenza di quella duplice passione con la quale Dio ama e odia il mondo.
La violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una nuova società.
L'anima attraversa momenti di estrema violenza; sente la forza schiacciante del nemico e la sua congenita debolezza.
Si fa un gran parlare della violenza in televisione che genera a sua volta violenza nelle strade. Beh!, i programmi comici si sprecano in TV: il che provoca forse un aumento della comicità per le strade?
La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi.
Se esiste un uomo non violento, perché non può esistere una famiglia non violenta? E perché non un villaggio? una città, un paese, un mondo non violento?
La storia non progredisce in base a principi democratici: avanza per mezzo della violenza.
Nonviolenza e viltà sono termini in contraddizione. La nonviolenza è la più grande virtù, la viltà il più grande vizio. La nonviolenza scaturisce dall'amore, la viltà dall'odio. La nonviolenza subisce sempre, la viltà infligge sempre la sofferenza.
Si tratta di applicare la politica del bastone e della carota. Prima ci hanno picchiato con i bastoni, e poi con le carote.