La violenza è la retorica della nostra epoca.
Vita umana, in senso proprio ed originale, è quella di ognuno, vista dal di dentro; pertanto, è sempre la mia, è personale.
Se invece di prendere sul serio l'arte, la prendessimo per quel che è, come intrattenimento, un gioco, una diversione, l'opera artistica guadagnerebbe così tutta la sua ammaliante riverberazione.
La cultura non è vita nella sua interezza, ma soltanto il momento della sua sicurezza, forza, e chiarezza.
La cultura non è figlia del lavoro ma dello sport. Si sa bene che attualmente mi trovo solo tra i miei contemporanei nell'affermare che la forma superiore dell'esistenza umana è proprio lo sport.
La civiltà non è altro che il tentativo di costringere la forza ad essere l'ultima ratio.
La violenza della voce è spesso solo il rantolo della ragione in gola.
La violenza esercitata su di noi da altri è spesso meno dolorosa di quella che ci infliggiamo da soli.
La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci.
La violenza da parte delle masse non eliminerà mai il male.
Non c'è più una via di uscita della nostra situazione attuale se non quella di forgiare una strada verso il nostro obiettivo, con la violenza e con la forza, in un mare di sangue e in un orizzonte di fuoco ardente.
Mi hanno sempre colpito le vittime che non denunciano all'inizio atti violenti pensando che una scenata di gelosia sia amore. Poi diventa troppo tardi.
In un regime totalitario gli idioti ottengono il potere con la violenza e gli intrighi; in una democrazia, attraverso libere elezioni.
La violenza allegra non provoca dolore e non ha conseguenze tragiche. È la soluzione facile e veloce di molti problemi, a cui ricorrono tanto i buoni che i cattivi e che conduce sempre al lieto fine.
Quando la ragione tace e tocca alla violenza la decisione suprema, la miglior difesa consiste nell'assalto.
A volte la violenza potrà aver sgomberato con rapidità la strada da ostacoli, ma non si è mai rivelata creativa.