Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.
In ogni gruppo umano esiste una vittima predestinata: uno che porta pena, che tutti deridono, su cui nascono dicerie insulse e malevole, su cui, con misteriosa concordia, tutti scaricano i loro mali umori e il loro desiderio di nuocere.
Nella storia e nella vita pare talvolta discernere una legge feroce, che suona "a chi ha sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto".
Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta.
Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.
Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.
Conoscere il passato, ricordare, è il solo modo di conoscere il presente, cioè se stessi.
Il silenzio fa sì che le immagini del passato non suscitino desideri ma tristezza, una enorme sconsolata malinconia.
L'ottimista è l'uomo che spera in futuro di avere un passato migliore.
Non si dovrebbe mai guardare i vecchi ritratti. Anzi, non si dovrebbe mai farsi fare un ritratto. Gli anni passano, e un bel giorno si hanno così dei testimoni dolorosi della propria giovinezza, del tempo passato.
Il passato non è morto; non è nemmeno passato. Ce ne stacchiamo e agiamo come se ci fosse estraneo.
Chi trascura di imparare in giovinezza perde il passato ed è morto per il futuro.
Questo solo è negato a Dio: disfare il passato.
Il passato è passato, ma il presente, da cui dipende strettamente il futuro, non può essere ignorato. Quest'ignoranza rappresenta un vero pericolo.
Il passato è la memoria, il futuro è la speranza e il presente è l'intuizione.