La vera, forse l'unica identità cristiana è la santità.
La Chiesa non intende più dominare la società, ma camminare con gli uomini.
Noi sappiamo che la fede non è né una camomilla né una consolazione, ma una fonte di interrogativi, di inquietudini, di non appagamento.
Il Santo riscatta la storia dal suo peccato di essere esistenza. Entra nei disegni di Dio e libera l'umanità dalla schiavitù del potere, della abitudine e della desolante ipocrisia. Colui che possiede la vocazione è sempre libero.
I santi di legno scolpito hanno certo fatto più per il mondo che quelli in carne e ossa.
Dio ha voluto creare i grandi Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand'egli si degna d'abbassarlo.
Santo. Peccatore morto, riveduto e corretto.
I santi, loro avevano appreso la vera scienza: quella che ci fa evadere dalle cose create, e soprattutto da noi stessi, per lanciarci in Dio e non vivere che di lui.
Il santo: passa la vita a illustrare le infinite cose che in nessun caso è disposto a fare.
Santi si può diventare soltanto attraverso la sventura; perciò i santi antichi si precipitavano da sé nella sventura.
Hanno detto che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle attese. Forse è vero.
Vorremmo diventare santi in un giorno... Cerchiamo invece di essere fedeli a cooperare con le grazie che Dio ci accorda, ed egli non mancherà di portarci alla realizzazione dei suoi progetti.
Oggi non è sufficiente essere santo: è necessaria la santità che il momento presente esige, una santità nuova, anch'essa senza precedenti.