Non si può chiedere a nessuno il suicidio come forma di protagonismo politico.
Siamo uomini pubblici e abbiamo dei doveri pubblici: anche quello di difendere un certo decoro e una certa eleganza nell'esprimere le nostre passioni.
C'è a sinistra un'etica e un'estetica della sconfitta e della bella morte, ti infilzano ma con la bandiera rossa che ti cade addosso come un sublime sipario: che palle!
Personalmente penso che la categoria del comunismo abbia oggi un potenziale largamente inesplorato. A condizione, appunto, di essere agìto non come una risposta precotta, ma come una ricerca comune e una domanda radicale sulla espropriazione di senso anche della vita, in questa fase storica.
L'animo mio, per disdegnoso gusto,credendo col morir fuggir disdegno,ingiusto fece me contra me giusto.
Gli uomini pratici non fanno ciò che Jeff e Kirsten hanno fatto; gli uomini pratici lottano contro questa spinta perché è una spinta romantica, una debolezza. È passività appresa; è resa appresa.
Siamo seduti su un cornicione, tu stai per buttarti, io andrò in prigione. Cosa abbiamo da perdere?
Non sprecate il vostro suicidio, ammazzate prima qualcuno che vi è odioso.
Se siete dell'opinione che contemplare il suicidio è prova sufficiente di una natura poetica, non dimenticate che le azioni parlano più forte delle parole.
Ho sempre pensato che il suicida debba uccidere almeno un maiale prima di andarsene per luoghi sconosciuti.
A che serve sbarazzarsi del mondo, quando nessun'anima mai sfugge al destino eterno della vita?
Il suicidio può servirci in certo modo da consolazione poiché ci dà la certezza che anche noi nel peggiore dei casi possiamo ricorrere a questa scappatoia possibilità che altrimenti sembra dubbia tanto è contro natura.
Morire è essere totalmente altri. Per questo il suicidio è vigliaccheria; è offrirci completamente alla vita.
Perché rinunciare? Perché arrendersi? Esiste al mondo una croce su cui valga la pena suicidarsi?