Dove men si sa, più si sospetta.
Nessuna cosa essere più vana e più incostante che la moltitudine, così Tito Livio nostro, come tutti gli altri istorici, affermano.
Ma la poca prudenza degli uomini comincia una cosa che, per sapera allora di buono, non si accorge del veleno che vi è sotto.
Può la disciplina nella guerra più che il furore.
Andando infinite anime di quelli miseri mortali, che nella disgratia di Dio morivano, all'inferno, tucte o la maggior parte si dolevono, non per altro, che per havere preso moglie essersi a tanta infelicità condotte.
La fortuna è donna: ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla.
La gratitudine nudrisce la sensibilità, ed anima la beneficenza.
La gratitudine è l'anima della religione, dell'amor filiale, dell'amore a quelli che ci amano, dell'amore alla società umana, dalla quale ci vengono tanta protezione e tante dolcezze.
Succede. Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa. Succede. Mica per altro che vivere è un mestiere gramo. Tocca rassegnarsi. Non ha gratitudine, la vita, se capite cosa voglio dire.
Se detesti la maleducazione, devi sempre dire grazie e per favore. Dire grazie cambia la giornata a te e a chi se lo sente dire.
La memoria dei beni fatti, appresso l'ingratitudine, è fragile.
La gratitudine è l'espressione della maturità umana e, mentre la manifesta, la nutre e l'accresce. La gratitudine suscita dialogo di grazie tra chi ha dato il beneficio e chi lo riceve.
Noi siamo facili a chiedere, ma non a ringraziare.
La cosa più dura per chi non crede in Dio: non avere nessuno cui poter dire grazie. Più ancora che per le proprie miserie si ha bisogno di un Dio per esprimere gratitudine.
I benefici sono graditi finché possono essere ricambiati, quando sono troppo grandi, invece di gratitudine generano odio.
La gratitudine non è soltanto la principale virtù, ma anche la madre di tutte le altre.