Il turismo seleziona il mondo.
I pensieri periscono, come gli uomini.
La sofferenza che si cagiona è l'ultima di cui ci si accorge.
La nostra distruzione della natura giustifica quella dell'uomo.
L'oscenità, in certi casi, può diventare una sfida, il che è nobile, o una brutale messa a fuoco, il che è utile.
Qualsiasi felicità è un capolavoro: il minimo errore la falsa, la minima esitazione la incrina, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada.
I turisti sono ombre.
Il turismo è un'industria che consiste nel trasportare delle persone che starebbero meglio a casa loro, in posti che sarebbero migliori senza di loro.
Oggi la stazione ferroviaria è diventata una specie di bevanda alcolica, e il turismo uno stupefacente.
L'inferno turistico è tra i peggiori perché ti senti sepolto, impiramidato nella stupidità, e hai paura di essere dimenticato là sotto, che nessuno venga a tirartene fuori.
Nel turismo non esistono né la vita né la morte, né la felicità, né il dolore: c'è soltanto il turismo, che non è la presenza di qualcosa, ma la privazione, a pagamento, di tutto.