L'angoscia si trasforma in delirio puro e semplice.
È spesso vano, e talvolta tirannico, tentare di rendersi utile.
Non si vede due volte lo stesso ciliegio, né la stessa luna contro cui si staglia un pino. Ogni momento è l'ultimo perché è unico.
Agire e pensare come tutti non è mai una garanzia e non è sempre una giustificazione.
È difficile non credersi superiori, quando si soffre di più.
Bisogna aver vissuto in una piccola città per sapere come i congegni della società vi giochino allo scoperto e fino a che punto i drammi e le farse della vita pubblica e privata vi siano messi a nudo.
Le angosce della nostra anima sono sempre cataclismi del cosmo. Quando ci arrivano, intorno a noi si perde il sole e si sconvolgono le stelle.
Considerare la nostra maggiore angoscia come un incidente senza importanza, non solo nella vita dell'universo, ma anche in quella della nostra stessa anima, è il principio della saggezza. Considerare questo in piena angoscia è la saggezza completa.
L'angoscia vera è fatta di noia.
A partire da una certa età, i nostri amori, le nostre amanti, sono figli della nostra angoscia.
In questo mondo, non c'è che il terrore per difendersi dall'angoscia.
La causa prima dell'angoscia è l'impossibilità di realizzare l'azione gratificante, e sottrarsi a una sofferenza con la fuga o la lotta è anch'esso un modo di gratificarsi, quindi di sfuggire all'angoscia.
L'angoscia non vale niente come categoria filosofica. Non è la materia di cui si fa la filosofia, non più di quanto sia quella con cui si fanno gli scafandri.
Non importa che sia "del paradiso", una donna, porta. Importa soltanto che sia una porta. L'angoscia è il muro.
L'angoscia religiosa è espressione dell'angoscia reale e protesta contro di essa.
Quasi la metà di tutte le nostre angosce e le nostre ansie derivano dalla nostra preoccupazione per l'opinione altrui.