L'arte mi sembra essere soprattutto uno stato d'animo.
Nelle nostre vite c'è un solo colore che dona senso all'arte e alla vita stessa. Il colore dell'amore.
Personalmente credo che la tendenza di carattere scientifico non sia felice per l'arte.
Mia soltanto è la patria della mia anima. Vi posso entrare senza passaporto e mi sento a casa; essa vede la mia tristezza e la mia solitudine ma non vi sono case: furono distrutte durante la mia infanzia, i loro inquilini volano ora nell'aria in cerca di una casa, vivono nella mia anima.
Scorrono gli anni, volano i mesi e i giorni. Quanta pioggia è caduta, quanta neve! Ti svegli una mattina, e pare che sia finito un altro anno, ma è soltanto un nuovo giorno, e qua e là è spuntata una nuova ruga: sulla schiena, sul soffitto, sulla guancia.
L'arte si afferma, crea una nuova e più congrua realtà: sì certo, quella appunto dell'arte, che non si dà chi non sarebbe disposto a barattare contro un minuzzolo di quest'altra vile e spregiata.
Comincio a credere, anche a rischio di cadere nel paradosso, cosa non di mio gradimento, che l'artista deve amare la vita e odiare l'arte. Il contrario di ciò che ho pensato fino ad ora.
Per me l'arte viene prima della democrazia.
La vera opera d'arte non è forse, quella che s'impone senza ambizioni di successo e che nasce da una autentica abilità e da una sicura maturità professionale?
Un'opera d'arte è buona se nasce da necessità. È questa natura della sua origine a giudicarla: altro non v'è.
O si è un'opera d'arte o la si indossa.
Chi non ama l'arte, non ama la vita...
Le divergenze di opinioni suscitate da un'opera d'arte, indicano che essa è nuova, complessa e vitale.
C'è un'"arte", che s'impara vivendo. È l'arte del non fare.
Col fumetto posso fare di tutto, perché non è un'arte minore. E perché se l'arte è comunicazione, cosa c'è di più comunicativo del fumetto?