Nel pensare a voce alta c'è sempre una certa arroganza.
Il fascino dell'impossibile, la sicurezza delle cose senza futuro.
Tutti ridacchiavano e vociavano con quell'aria felice di superiorità, sempre sgradevole, dei minorenni sul loro terreno.
Perché non potevano stare zitti? Perché quella necessità di aggredire acusticamente un mondo in cui alcuni apprezzavano il silenzio?
L'ignoranza volontaria è un importante mezzo di sopravvivenza, forse il piú importante di tutti.
Tendo a ritornare sui ricordi che conservo, e in questo modo li rafforzo.
Chi ha ragioni da vendere le porti al mercato.
Vivere nella povertà senza nessun risentimento, ecco ciò che è difficile; al confronto, essere ricchi senza arroganza non costa niente.
Noi abbiamo la nostra arroganza. Abbiamo anche la nostra inadeguatezza. La prima è una disperata invenzione della seconda.
Alcuni credono di dare il senso della loro profondità coll'estensione del loro lazzaronismo.
L'arroganza è nutrita dal successo, la timidezza dal fallimento, l'equilibrio dalla buona sorte.
Nessuno può essere così spassosamente arrogante quanto un giovane che ha appena scoperto una vecchia idea e pensa che sia la sua.
Era un povero visino triste che nascondeva però la sua tristezza dietro una maschera di fredda arroganza.
Se dobbiamo sfidare la sorte, tanto vale farlo con spavalderia, no?
Una cosa è pensare di essere sulla strada giusta, ma tutt'altra è credere che la tua strada sia l'unica.
Chi non è capace di chiedere scusa, di chiedere perdono, di chiedere aiuto, cioè di farsi bambino quando la situazione lo richiede, non soltanto è un povero nevrotico, ma è anche povero come essere umano.