Gloria non di virtù figlia a che vale?
Il proferire il tuo consiglio non richiesto niuna altra cosa è che un dire di esser più savio di colui cui tu consigli, anzi un rimproverargli il suo poco sapere e la sua ignoranza.
La superbia non è altro, che il non istimare altrui.
La superbia non è altro che non istimar altrui.
Gli uomini devonsi più tosto pesare con la stadera del mugnaio che con la bilancia dell'orafo; ed è convenevol cosa lo esser presto di accettarli non per quello che essi veramente vagliono, ma, come si fa delle monete, per quello che corrono.
La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarci sempre dopo una caduta.
Nel teatro la parola è doppiamente glorificata: è scritta, come nelle pagine di Omero, ma è anche pronunciata, come avviene fra due persone al lavoro: non c'è niente di più bello.
La gloria di colui che tutto move per l' universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove.
L'uomo destinato alla gloria non teme la povertà e la miseria perché sa che nella miseria il suo ingegno diverrà genio.
Nome e senza soggetto idoli sono, ciò che pregio e valore il mondo appella. La fama che invaghisce a un dolce suono voi superbi mortali e par sì bella, è un'eco, un sogno, anzi del sogno un'ombra, ch'ad ogni vento si dilegua e sgombra.
La gloria, quanto più dovrà durare, tanto tardi giungerà.
L'invidia viene immediatamente dopo la gloria.
Alla teologia della Gloria è inscindibilmente collegata la teologia della Croce.
La gloria disdegnata ritorna talvolta, a tempo debito, accresciuta.
Oh vana gloria de l'umane posse! com' poco verde in su la cima dura, se non è giunta da l'etati grosse! [...] Non è il mondan romore altro ch'un fiato di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, e muta nome perché muta lato.