Ricordiamo a lungo chi abbiamo amato, meno a lungo chi ci ha amato.

Gesualdo Bufalino
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La nostra interpretazione

Il pensiero mette in evidenza uno squilibrio sottile ma profondamente umano tra ciò che diamo e ciò che riceviamo in amore. Nella memoria rimane più vivida l’esperienza dell’amare, l’investimento emotivo che abbiamo rivolto a qualcuno, rispetto al ricordo di chi ha riposto i propri sentimenti in noi. Ciò che lascia tracce durature è il movimento verso l’altro: il desiderio, l’attesa, la dedizione, il coraggio di esporsi. Amare implica un’esposizione della vulnerabilità, una scelta consapevole di rischiare il rifiuto, la perdita, il dolore. Questa intensità esistenziale rende l’amore che proviamo più memorabile dell’amore che riceviamo, talvolta dato quasi per scontato. Si suggerisce anche una certa asimmetria affettiva: spesso le storie che restano scolpite nel cuore sono quelle in cui abbiamo amato più di quanto siamo stati riamati, o in cui il sentimento si è interrotto o non ha trovato compimento. L’amore non corrisposto o finito continua a vivere nel ricordo proprio perché conserva una parte irrisolta. Al contrario, l’essere amati non sempre viene compreso fino in fondo, e talvolta si riconosce il suo valore solo quando è ormai passato. Così la memoria emotiva diventa una cartina tornasole di ciò che abbiamo rischiato e perduto, più che di ciò che ci è stato donato. In filigrana emerge un invito implicito a valorizzare di più chi ci ama e non solo chi abbiamo scelto di amare.

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