Perché filosofeggiare dal momento in cui possiamo cantare?
Domani è subito!
Perché filosofare quando si può cantare?
I fessi non hanno speranze. Non ne hanno bisogno. Per il fatto di essere fessi, tutto appare loro semplice.
La cosa più difficile nella vita? Essere sé stessi. E avere carattere a sufficienza per restarlo.
Per riconoscere che non siamo intelligenti, bisognerebbe esserlo.
Scrivo la canzoni pensando a emozioni molto comuni. Sono così universali che una folla di diecimila persone le può cantare per diecimila motivi diversi.
Poter cantare in un teatro in cui si ascolta l'eco della tua voce è un'esperienza di pura gioia.
Si abbandonava senza vergogna al lieve narcisismo che le annebbiava la mente quando cantava così, ebbra di piacere per quello slancio travolgente che trasportava la sua voce dall'intimità più profonda ad altezze vertiginose.
Voglio costringermi a cantare nemmeno un giorno in più di quello che debbo. Ma neanche un giorno in meno.
I compositori dovrebbero scrivere melodie che autisti e fattorini possano fischiettare.
Chiudo gli occhi e canto di nuovo, quasi sussurrando, mentre le mie dita arpeggiano la melodia come un tappeto volante sul quale la mia voce attraversa libera i tetti della città e afferra le stelle, come fossero le note della mia canzone, galleggianti sullo spartito infinito del cielo.
Alcuni giorni non ci sarà una canzone nel tuo cuore. Canta comunque.
È vero che le cicale cantano, ma è un canto che viene da un altro mondo, è lo stridore dell'invisibile sega che sta tagliando le fondamenta di questo.
Cantare bene e ballare bene significa essere ben educati.
Se non ti levi dal mio alluce finisci a cantare da castrato in qualche avanspettacolo.