La confessione è la tentazione del colpevole.
Il riso è il salto del possibile nell'impossibile.
Non posso considerare libero un essere che dentro di sé non nutra il desiderio di sciogliere i legami del linguaggio.
Io designerei con la parola "mistero" ciò che ordinariamente viene chiamato Dio.
Non si tratta di voler stupidamente sfuggire all'utile, ancor meno di negare la fatalità che dà sempre a esso l'ultima parola ma si tratta di fare spazio alla possibilità di vedere apparire quel che seduce, ciò che sfugge nell'istante dell'apparire alla necessità di rispondere all'utile.
Nulla di più deprimente, per un uomo, della bruttezza di una donna, sulla quale la laidezza degli organi o dell'atto non risalti. La bellezza conta in primo luogo perché la bruttezza non può essere sciupata, laddove l'essenza dell'erotismo risiede appunto nella profanazione.
Uccidersi, in un certo senso è come nel melodramma, è confessare: confessare che si è superati dalla vita o che non la si è compresa.
Una confessione dev'essere una parte della nuova vita.
Confessare qualcosa significa spesso un inganno più subdolo che passare tutto sotto silenzio.