Nessuno vive perché lo vuole. Ma una volta che vive lo deve volere.
L'importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire.
Per godere la vita si deve essere disposti a farne, in una certa misura, parte.
Abbiamo due vite, quella in cui impariamo e quella che viviamo dopo.
Non siamo nati per lavorare incessantemente, carichi di rabbia, senza fermarci mai, con la sensazione che ci manchi qualcosa, come se avessimo buttato via la nostra vita, mentre ci affrettiamo verso la morte in preda a un senso di inadeguatezza.
Nella vita, come nell'arte, è difficile dire qualche cosa che sia altrettanto efficace del silenzio.
La quiete è pace. Tranquillità. Quando si abbassa il volume della vita. Ma quando si preme il tasto per spegnerla del tutto, resta solo silenzio.
Le teorie e le scuole, come i microbi e i globuli, si divorano tra di loro e assicurano, con la loro lotta, la continuità della vita.
La festa prima della fine, l'orchestra che suona e non smette di suonare, mentre il Titanic affonda, è più che l'immagine di un'epoca: è una metafora della storia, della vita stessa, di ciascuno e di tutti.
Se la morte è il risveglio, la vita è un sogno.
C'è tutta una vita in un'ora d'amore.
Puoi fare la decifrazione del ghiaccio anche in pantofole davanti al televisore, ma se tiri dei sermenti per non andare a sbattere contro un iceberg è meglio, come la vita: non indispensabile, ma meglio di niente.