La parola è stata data all'uomo per nascondere i propri pensieri.
Soprattutto niente zelo.
Quando le persone ci parlano degli altri sono di solito monotone. Ma quando ci parlano di sé sono quasi sempre interessanti, e se si potesse zittirle quando diventano noiose così facilmente come si può chiudere un libro che ci ha tediato, sarebbero assolutamente perfette.
Per me la più piccola parola è circondata da acri ed acri di silenzio, e perfino quando riesco a fissare quella parola sulla pagina mi sembra della stessa natura di un miraggio, un granello di dubbio che scintilla nella sabbia.
Non si parla solamente per parlare, per dire "ho fatto questo" "ho fatto quello" "ho mangiato e bevuto", ma si parla per farsi un'idea, per capire come va questo mondo.
Il non parlare mai di sé è un'ipocrisia molto distinta.
Nel contesto della nostra cultura verbosa è significativo osservare che i Padri del deserto ci dissuadono dall'usare troppe parole.
La parola è un bel dono; ma non rende la ricchezza del nostro interno; è un riflesso smorto e tiepidissimo del sentimento, e sta alla sensazione come un sole dipinto al sole della natura.
Ricordiamoci che delle nostre parole dobbiamo rendere conto agli uomini. Ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio!
Quando finisco di dire quello che devo dire, finisco di parlare.
Chi sa parlare sottovoce viene ascoltato.
La parola e il silenzio. Ci si sente più al sicuro vicino a un pazzo che parla, che a un pazzo incapace di aprire bocca.