Tutti i miserabili sono socievoli, sino a far pietà.
L'unico modo per liberarsi dalla depressione cosmica è essere ubriachi.
Quelli che si amano e che sono nati gli uni per gli altri, si incontrano facilmente: le anime affini si salutano già da lontano.
Se l'uomo fosse destinato a pensare, non avrebbe gli orecchi.
La miseria e le preoccupazioni generano il dolore, la sicurezza, invece, e l'abbondanza la noia.
Il caso sa l'arte regale di metter bene in chiaro che, in confronto col suo grazioso favore, ogni merito è impotente e senza valore.
I miserabili non hanno compassione, fanno del bene solo su dei forti princìpi di dovere.
Miserabile è chi non ha una donna che ne pianga la morte.
Ciò che fa grande la grandezza umana è che si riconosce miserabile; un albero non si riconosce miserabile. Riconoscersi miserabili significa dunque essere miserabili, ma riconoscersi miserabili significa essere grandi.
Il miserabile, ogni qual volta ha il tempo di pensare, si fa piccolo davanti alla legge e meschino davanti alla società; si getta bocconi, supplica e cerca di toccare il tasto della compassione. Si sente che sa d'aver torto.