Noi non siamo cattolici da ristorante, non scegliamo dal menù quali regole seguire, noi seguiamo la dottrina rigorosamente.
Pretendere che anche uno spirito grande uno Shakespeare, un Goethe faccia entrare nella propria convinzione, i dogmi di una qualche religione, è come pretendere che un gigante calzi la scarpa di un nano.
L'oppio è ormai la religione dei popoli.
Gli uomini sono in attesa; essi giudicano la verità della religione secondo la fecondità di questa nella vita sociale.
Sino a quando sulla faccia della terra vi saranno i monoteismi e le morali e i dogmi ad essi riconducibili direttamente o indirettamente state certi che il mondo esploderà un'altra volta.
Tutte le religioni conducono allo stesso Dio, e meritano il medesimo rispetto.
Il punto di vista secondo cui il credente sarebbe più felice dell'ateo è assurdo tanto quanto la diffusa convinzione che l'ubriaco è più felice del sobrio.
C'è chi crede nella religione e chi invece religiosamente crede nel non crederci.
Ci sono talora atei di un'asprezza feroce i quali, tutto sommato, si interessano di Dio più di certi credenti frivoli e leggeri.
La disciplina è il rispetto delle regole di una forma di religione che noi sottoscriviamo e l'educazione è non il rispetto delle regole ma il rispetto degli uomini.
Ignoranza e paura, ecco i due sostegni di tutte le religioni. L'incertezza in cui l'uomo si trova in rapporto al proprio Dio è precisamente il motivo che lo tiene aggrappato alla sua religione.