I traduttori sono pagati male e traducono peggio.
L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari.
Spesso chi vuole consolare, essere affettuoso ecc. è in realtà il più feroce dei tormentatori. Anche nell'"affetto" bisogna essere soprattutto "intelligenti".
La mia praticità consiste in questo: nel sapere che a battere la testa contro il muro è la testa a rompersi e non il muro.
Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
Il tempo è la cosa più importante: esso è un semplice pseudonimo della vita stessa.
L'originale è infedele alla traduzione.
Il traduttore è con evidenza l'unico autentico lettore di un testo. Certo più d'ogni critico, forse più dello stesso autore. Poiché d'un testo il critico è solamente il corteggiatore volante, l'autore il padre e marito, mentre il traduttore è l'amante.
Tradurre in un'altra lingua un'opera della lingua vuol dire che uno si toglie la pelle, passa il confine e là indossa il costume del paese.
La cosa più difficile da tradurre: non il dialogo, la descrizione, bensì i brani riflessivi. Se ne deve mantenere l'esattezza assoluta, ma al tempo stesso anche la bellezza.
La traduzione delle opere letterarie, o sono fedeli e non possono essere se non cattive, o sono buone e non possono essere se non infedeli.
Lo scrittore che si sforza di sorvegliare le traduzioni dei suoi romanzi corre dietro alle innumerevoli parole come un pastore dietro a un gregge di pecore brade; triste figura ai propri occhi, ridicola agli occhi degli altri.
Alcuni traduttori si occupano di ogni cosa, positivamente di ogni cosa, meno che di quella che l'autore del testo originale intendeva dire.
Non è necessario conoscere una lingua per tradurla, perché si traduce soltanto per persone che non la conoscono.
Guai a quelli che fanno traduzioni letterali, e traducendo ogni parola snervano il significato. È ben questo il caso di dire che la lettera uccide e lo spirito vivifica.