Lo scrittore è colui che dà importanza alle inezie.
Il genio è nonconformismo.
Certe persone - e io sono di quelle - odiano il lieto fine. Ci sentiamo frodati. Il dolore è la norma.
Un sillogismo: gli altri muoiono; ma io non sono un altro; dunque non morirò.
La vita è una grande sorpresa. Non vedo perché la morte non potrebbe esserne una anche più grande.
Raramente la disperazione umana conduce alle grandi verità.
Solo la fama e con essa il reddito rendono "professionale" lo scrittore. Fino a che resta oscuro, appare agli occhi dei conoscenti e degli stessi famigliari nulla più che un innocuo e scontento "amateur".
L'autore migliore sarà quello che si vergognerà di diventare scrittore.
Il compito primordiale dello scrittore di oggi è di essere «mitoclasta».
Felicità dello scrittore è il pensiero che può divenire totalmente sentimento, il sentimento che può divenire pensiero.
Le opere che uno scrittore fa con piacere sono spesso le migliori, come i figli dell'amore sono i più belli.
Conosciuti bisogna diventare. E se uno scrittore resta abbastanza a lungo uno sconosciuto, di solito c'è una buona ragione.
Sono buoni scrittori coloro che mantengono il linguaggio efficiente. Vale a dire, che lo mantengono esatto, chiaro.
Come regola generale, nessuno scrittore dovrebbe far figurare il suo ritratto nelle sue opere. Quando i lettori hanno gettato un'occhiata alla fisionomia dell'autore, di rado riescono a mantenersi seri.
Gli scrittori dovrebbero scrivere i libri come se dovessero essere decapitati il giorno che l'hanno finito.
Lo scrittore deve considerare i suoi vecchi testi quali altri testi, che egli riprende, cita o deforma, come farebbe di una moltitudine di altri segni.