Non c'è gioia per chi procura l'infelicità altrui.
Anche la sfortuna è mutevole. Forse sarà, forse non sarà, nel frattempo non è; tu spera nel meglio.
Proponiti una meta da non oltrepassare neppure volendo; allontana finalmente i beni pieni di insidie; sembrano migliori quando si spera di ottenerli che una volta ottenuti.
Gioiosi e a testa alta affrettiamoci con passo sicuro dovunque ci porteranno le circostanze, percorriamo qualunque terra: non c'è esilio nell'àmbito dell'universo, perché nulla di ciò che si trova nell'universo è estraneo all'uomo.
Se il lamentarsi non risuscita nessuno, se il soffrire non muta una sorte immobile e fissa per l'eternità e la morte non ha mai mollato quel che si è preso, cessi un dolore in pura perdita.
C'è una grande differenza tra il non volere e il non saper peccare.
Se non ci fosse, a questo mondo, l'infelicità, ci potremmo credere in paradiso.
L'origine del sentimento profondo dell'infelicità, ossia lo sviluppo di quella che si chiama sensibilità, ordinariamente procede dalla mancanza o perdita delle grandi e vive illusioni.
Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità.
Il segreto per essere infelice è avere abbastanza tempo per preoccuparsi se si è felici o no.
Il colmo dell'infelicità è esser felici senza saperlo.
Se infelice è l'innamorato che invoca baci di cui non sa il sapore, mille volte più infelice è chi questo sapore gustò appena e poi gli fu negato.
I momenti dell'infelicità sono momenti chiave della vita, gli unici momenti in cui si impara davvero qualcosa.
Cosa e dove saremmo senza la nostra infelicità? Essa ci è, nel vero senso della parola, dolorosamente necessaria.
Infelicitá grande è essere in grado di non potere avere el bene, se prima non s'ha el male.
L'infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una camera.