Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia e pregate per chi vi perseguita e vi calunnia, affinché siate figli del padre vostro che sta nei cieli, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.

San Matteo evangelista
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La nostra interpretazione

L’invito ad amare i nemici propone una forma di amore radicale, che supera il semplice sentimento e diventa scelta consapevole e pratica quotidiana. Non si tratta di simpatia o affinità naturale, ma di un atteggiamento libero dall’istinto di vendetta, dal risentimento e dalla chiusura. Viene chiesto di rispondere all’odio con il bene, alla persecuzione con la preghiera, alla calunnia con un cuore che non si lascia avvelenare. Questo movimento interiore rompe la logica del contraccambio e della reciprocità condizionata, e avvicina l’essere umano a una misura più alta, capace di guardare l’altro oltre le sue azioni. Il modello è un amore che non fa distinzioni tra meritevoli e immeritevoli, che non seleziona chi includere e chi escludere. Proprio come la luce e la pioggia toccano indistintamente giusti e ingiusti, così l’amore suggerito è universale, non controllato dall’ego e non limitato dalle offese ricevute. In questa prospettiva, chi ama in questo modo accetta di assomigliare a una fonte che dona senza calcolo, lasciandosi guidare più dalla bontà che dal giudizio. Il nemico non viene idealizzato né giustificato, ma trasformato nella propria interiorità: da oggetto di rancore a occasione di crescita in umanità. L’atto di pregare per chi ferisce diventa un esercizio di libertà spirituale, perché restituisce al cuore il potere di non rispondere con la stessa moneta e di cercare il bene anche quando sembra ingiustificato. Così l’amore smette di essere un’emozione fragile e assume i tratti di una decisione profonda, che rende più simili a una sorgente di luce che non sceglie dove brillare.

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