C'è grande povertà nel mondo: quella delle persone che non sono mai contente di nulla, quella di chi non sa né ridere né piangere, quella di coloro che non sanno dare nulla di sé agli altri. Poi c'è la povertà ancora più gelida: quella dovuta alla mancanza d'amore.

Romano Battaglia
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La nostra interpretazione

Il testo propone una visione della povertà che va oltre la mancanza di beni materiali. La vera indigenza nasce in chi è incapace di provare gratitudine, perché l’insoddisfazione cronica svuota ogni esperienza e rende impossibile riconoscere il valore di ciò che si ha. C’è poi una povertà emotiva: l’incapacità di ridere e di piangere indica un cuore anestetizzato, che non si lascia toccare né dalla gioia né dal dolore, e quindi resta ai margini della vita autentica. Un’ulteriore forma di miseria riguarda chi non sa donare nulla di sé, chi vive chiuso nel proprio egoismo e non riesce a instaurare legami basati sulla generosità. Al culmine sta una povertà ancora più fredda e radicale: la mancanza d’amore. Senza amore, ogni altra ricchezza perde sostanza. L’assenza di un sentimento vivo, fatto di cura, attenzione e dedizione, rende la vita arida, anche in mezzo all’abbondanza. La vera ricchezza non è ciò che si possiede, ma la capacità di sentire, condividere e amare.

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