Io al matrimonio ci credo. E' nell'amore che...

Riccardo Scamarcio
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La nostra interpretazione

La frase mette in contrapposizione due livelli diversi del legame tra persone: l’istituzione formale e il sentimento che dovrebbe sostenerla. Da un lato c’è fiducia nel matrimonio come scelta, come impegno pubblico, come patto che due persone decidono di sottoscrivere davanti agli altri e davanti a se stesse. Dall’altro lato affiora una profonda incertezza nei confronti della tenuta del sentimento amoroso nel tempo. L’idea di fondo è che l’atto sociale, il rito, il contratto possano essere rispettati e mantenuti, mentre ciò che dovrebbe esserne il cuore – l’emozione viva, il desiderio, la passione, la reciprocità – è fragile, mutevole, spesso inafferrabile. Si percepisce una sorta di disincanto: l’amore non viene negato, ma viene guardato con sospetto, come qualcosa che promette più di quanto riesca davvero a mantenere. Chi parla sembra riconoscere il valore della scelta consapevole di costruire una vita insieme, pur nutrendo dubbi sulla capacità del sentimento di restare integro di fronte al tempo, alle difficoltà e alle trasformazioni personali. Ne emerge una tensione irrisolta tra il bisogno di stabilità e la consapevolezza dell’impermanenza emotiva, come se si cercasse sicurezza in una struttura che forse non può garantire la durata di ciò per cui esiste.

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