Noi dovremmo piangere per gli uomini alla loro nascita, non alla loro morte.
La tirannia di un principe in un'oligarchia non è pericolosa per il bene pubblico quanto l'apatia del cittadino in una democrazia.
Ho sempre constatato che, per riuscire nel mondo, bisogna avere l'aria folle ed essere saggi.
La libertà è il diritto di fare ciò che le leggi permettono.
È indubbio che l'amore abbia un carattere diverso dall'amicizia: quest'ultima non ha mai mandato nessuno in manicomio.
Bisognerebbe riuscire a convincere gli uomini della felicità che essi ignorano, persino quando ne godono.
Il temere la morte altro non è che parere sapienti senza esserlo, cioè a dire credere di sapere ciò che si ignora; poiché nessuno sa se la morte, che l'uomo teme come se conoscesse già che è il maggiore di tutti i mali, non sia invece per essere il più gran bene.
E così morire è bere dal fiume del silenzio, è scalare la cima del monte, significa stare nudi nel vento e sciogliersi al sole.
Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata.
La morte è pietosa, perché da essa non c'è ritorno, mentre per colui che è uscito dalle più profonde camere della notte, consapevole e stravolto, non c'è più pace.
Tutte le nostre conoscenze ci aiutano solo a morire di una morte un po' più dolorosa di quella degli animali che nulla sanno.
Chi sa morire, non ha più padrone.
Si usano deplorare le morti premature, ma nessuno depreca quelle tardive, ben più incresciose di tutte.
In ogni uomo che muore muore con lui, la sua prima neve, il primo bacio, la prima lotta. Non muoiono le persone, ma muoiono i mondi dentro di loro.
Tutte le tragedie finiscono con la morte, tutte le commedie con un matrimonio.
La morte naturale non esiste: ogni morte è un assassinio. E se non si urla, vuol dire che si acconsente.