Settembre lasciò il posto a ottobre, poi arrivò novembre.
La sua voce illuminò la giornata fredda e grigia, al punto che un uccello pensò che era arrivata la primavera e si mise a cantare sulla cima della vecchia quercia.
Non basterà Settembre per dimenticare il mare di cose che ci siamo detti, non siamo quegli amori che consumano l'estate, che promettono una mezza verità.
Bisogna ricominciare da capo e fare scuola, farla pesantemente, con gli esami a settembre, la meritocrazia.
Un sacco di gente, soprattutto questo psicanalista che c'è qui, continuano a chiedermi se quando tornerò a scuola a settembre mi metterò a studiare. È una domanda così stupida, secondo me. Voglio dire, come fate a sapere quello che farete, finché non lo fate? La risposta è che non lo sapete.
I giorni di settembre sono, fino all'ultimo meriggio, ariose e melodiose strofe classiche che all'avvicinarsi della notte diventano troppo buiosamente romantiche.
Siamo a fine settembre. Il tempo non passa mai e nello stesso tempo vola. Le giornate sono frenate dalla fatica della nostra separazione ma, a guardarle dopo, si deve fare i conti su quanto tempo non abbiamo passato insieme.
Verdi giardinetti, chiare piazzole, fonte verdognola dove l'acqua sogna, dove l'acqua muta finisce sulla pietra. Le foglie d'un verde vizzo, quasi nere dell'acacia, il vento di settembre le bacia, e alcune si porta via gialle, secche, giocando, tra la bianca polvere della terra.
Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare.