Nella danza delle vendette è più facile subire che condurre il gioco.
Nel perdono, non ci si limita a non vendicarsi, ma si deve avere il coraggio di andare alla radice delle tendenze aggressive deviate, per estirparle.
La vendetta è in qualche modo una giustizia istintiva che proviene dagli dèi primitivi dell'inconscio. Essa mira a ristabilire un'uguaglianza basata sulla sofferenza inflitta in modo reciproco.
La persona che non vuole o che non può perdonare non riesce facilmente a vivere il momento presente. Si aggancia con ostinazione al passato e, proprio per questo, si condanna a sciupare il presente.
Tutti hanno bisogno di perdonare in certi momenti, per ristabilire la pace e continuare a vivere insieme.
La vendetta è più dolce delle caramelle!
Chiunque, essendo arrabbiato, impone un castigo, non corregge, ma si vendica.
Ci si riunisce in gruppi, perché l'obbedienza permette di fare tutto quello di cui per convinzione propria non si sarebbe più capaci, e l'inimicizia di quei gruppi dona agli uomini la sempre operante reciprocità della vendetta, mentre l'amore ben presto si addormenterebbe.
Dolce è l'ira in aspettar vendetta.
La democrazia è più vendicativa dei Gabinetti. Le guerre tra i popoli saranno più orribili di quelle tra i re.
Di solito una donna ha la vendetta pronta.
Il gesto - il gesto - non dev'essere una vendetta. Dev'essere una calma e stanca rinuncia, una chiusa di conti, un fatto privato e ritmico. L'ultima battuta.
Chi si vendica, anche se assente, è sempre presente.
La mia vendetta la sto gustando fredda è la terza generazione a cui cambio la testa.
La miglior vendetta è un imponente successo.