L'albergo giusto bisogna meritarselo.
Le foglie stanno volando via dal mondo e sopra c'erano dei messaggi e degli enigmi che non abbiamo decifrato. Anche le mani: lette poco, troppo poco; anche le rughe, i lobi... Non abbiamo letto che dei libri.
È strano che non succeda. Troverei, medico, normalissimo che una donna incinta abortisse dopo aver scorso un giornale quotidiano.
Se si sappia vivere da vinti, lo si è un po' meno.
I turisti sono ombre.
L'uomo che pensa non predica, non ha microfoni in verità tende a non fare. È già molto non risvegliare credenti, agitare con leggerezza le foglie di tè perché l'acqua bollente ne assuma appena il colore, il tè della verità predestinato a pochissimi.
Avviso per chi pensa le pubblicità degli alberghi: io odio sentirmi a casa quando sono via.
La cosa peggiore degli alberghi è la mollezza dei letti. Le reti sono flaccide come trippa, la colonna vertebrale ne esce arcuata.
L'albergo che ha un lento ascensore di legno con velluti lisi scricchiolante nella tromba delle scale sarebbe albero delle Fate, se non fosse ormai introvabile.
Un vero albergatore considererà tutti i suoi clienti, anche i più loschi, una volta che li avrà accolti nelle sue camere, come figli in tenera età, convalescenti di un taglio d'appendicite o di altro coltello, e ne proteggerà il riposo con materno, infinito amore.