L'amor proprio è il più grande di tutti gli adulatori.
La nostra diffidenza giustifica l'inganno altrui.
L'attesa attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi.
V'è una specie di riconoscenza viva che non ci assolve soltanto dei benefici ricevuti, ma che costringe i nostri amici a esserci obbligati, e a ripagarci di ciò che ad essi dobbiamo.
Vi sono crimini che diventano innocenti e perfino gloriosi a causa del loro splendore, numero ed eccesso.
Perdoniamo facilmente agli amici i difetti che non ci toccano.
Tutti, schiavi e vittime dell'amor proprio, non vivono per vivere, ma per far credere di aver vissuto.
Quando il mio amor proprio, approfittandosi di qualche momento di disattenzione, costruirà i suoi castelli in aria, mi vorrà far volare, volare, io mi faccio una legge di pensare sempre a questi tre luoghi: il Getsemani, la casa di Caifas, il Calvario.
L'amor proprio degli sciocchi scusa quello delle persone di spirito.
L'amor proprio è il debole di tutti gli esseri umani.
Tutto è amor proprio nell'uomo e in qualunque vivente. Amabile non pare e non è, se non quegli che lusinga, giova etc. l'amor proprio degli altri.
La gioventù ha a volte uno smisurato amor proprio, e l'amor proprio giovanile è quasi sempre pusillanime.
L'umanità ci sta a farsi i complimenti fino a quando non viene uno a dire della loro inutilità. Allora si arrossisce, perché l'amor proprio viene stuzzicato.
Amare se stessi è l'inizio di un idillio che dura tutta la vita.
È forse contro la ragione o contro la giustizia amare se stessi? E perché dobbiamo volere che l'amor proprio sia sempre un vizio?