L'ideale in fondo è sempre un'utopia.
In fondo sento che la mia vita è sempre più governata da una fede che non ho più. La fede ha questo di particolare che, anche quando è scomparsa, agisce ancora.
Non vi è grande fondazione che non riposi sopra una leggenda. Non vi è in tal caso che un colpevole: l'umanità, che vuol essere ingannata.
L'islamismo può esistere solo come religione ufficiale; quando lo si ridurrà allo stato di religione libera e individuale, perirà.
Le grandi cose di un popolo sono fatte di solito dalle minoranze.
La gloria d'aver fondato la religione dell'umanità spetta alla comunità semitica.
L'utopia non fa se non rendere concreto e plastico, l'anelito antichissimo e diffuso a una vita migliore.
Una carta del mondo che non contiene il paese dell'Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo paese al quale l'umanità approda di continuo. E quando vi getta l'ancora, la vedetta scorge un paese migliore e l'umanità di nuovo fa vela.
Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.
L'utopia deve accettare il giogo della realtà, deve essere inquadrata nei fatti. Ogni idea astratta deve trasformarsi in un'idea concreta; ciò che ogni idea perde in bellezza, lo acquista in utilità; viene rimpicciolita, ma è più efficace.
Spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare.
Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare.