L'ideale in fondo è sempre un'utopia.
Uomini mediocramente morali hanno scritto eccellenti massime; invece uomini virtuosissimi nulla fecero per far durare la tradizione della virtù.
L'Islam è il disdegno della scienza, la soppressione della società civile; è la spaventosa semplicità dello spirito semitico, che restringe il cervello umano, chiudendolo a ogni idea delicata, a ogni sentimento fine, a ogni ricerca razionale.
L'immortalità è lavorare a un compito eterno.
Niente di grande si fa senza chimere.
Il più semplice scolaro sa oggi verità per le quali Archimede avrebbe sacrificato la vita.
L'utopia non fa se non rendere concreto e plastico, l'anelito antichissimo e diffuso a una vita migliore.
L'utopia deve accettare il giogo della realtà, deve essere inquadrata nei fatti. Ogni idea astratta deve trasformarsi in un'idea concreta; ciò che ogni idea perde in bellezza, lo acquista in utilità; viene rimpicciolita, ma è più efficace.
Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.
Spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare.
Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare.
Una carta del mondo che non contiene il paese dell'Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo paese al quale l'umanità approda di continuo. E quando vi getta l'ancora, la vedetta scorge un paese migliore e l'umanità di nuovo fa vela.