Se uno ha davvero perso la speranza, non sarebbe così disposto a dirlo.
La desistenza avviliva questo slancio, spegneva queste passioni, spingeva tutti a rinchiudersi nel terrificante perimetro circondato dalle mura del «tengo famiglia» e «mi faccio i fatti miei».
Una delle cause più comuni del fallimento è l'abitudine di rinunciare quando ci si imbatte in una sconfitta temporanea. Prima o poi, tutti compiamo questo errore nella nostra vita.
Mai rassegnarsi, mai scappare. Meglio affrontare tutto, e soffrire. Non è poi così male ma mai, in nessun caso, rassegnarsi.
La serenità è il frutto della rassegnazione all'incertezza.
Non c'è più tempo per piangere sul latte versato, è ora tempo di piangere nella tua birra.
Averle perse tutte, le speranze, gli dette la stessa pace che averle tutte intatte.
Ciò che chiamiamo rassegnazione non è altro che disperazione cronica.
L'aspetto più grave dello spirito di tristezza è che esso porta al peccato contro la speranza.
Chi è più saggio? Colui che accetta tutto o colui che ha deciso di non accettare nulla? La rassegnazione è saggezza?
È incredibile con quanta prontezza e buona grazia ci rassegniamo alle disgrazie altrui.