La troppa familiarità con le cose sacre allontana forse da Dio. I sagrestani non entrano in Paradiso.— Ennio Flaiano
La troppa familiarità con le cose sacre allontana forse da Dio. I sagrestani non entrano in Paradiso.
L'italiano ha un solo vero nemico: l'arbitro di calcio, perché emette un giudizio.
Certi vizi sono più noiosi della stessa virtù. Soltanto per questo la virtù spesso trionfa.
Gli "altri" sono, bene o male, la prova che noi stiamo vivendo.
Un colpo di pistola sparato al momento giusto evita ogni penosa discussione. Il problema però resta aperto: a chi sparare? A se stessi o all'interlocutore? Nel dubbio, astenersi. Ma non venite poi a lagnarvi che le discussioni sono inutili.
La crisi della cultura. C'è sempre stata: Shakespeare non sapeva il greco e Omero non sapeva l'inglese.
Qui non c'è niente di sacro tranne l'osso dove si prendono i calci.
La storia "sacra" sia chiamata col nome che merita: storia maledetta; le parole "Dio", "salvatore", "redentore", "santo" siano usate come insulti, come marchi d'infamia.
Sacro è parola indoeuropea che significa separato. La sacralità, quindi, non è una condizione spirituale o morale, ma una qualità che inerisce a ciò che ha relazione e contatto con potenze che l'uomo, non potendo dominare, avverte come superiori a sé.
È l'interdetto sacro che protegge la natura, non la buona educazione, non la legge civile. Se l'ulivo è sacro a un Dio, l'ulivo non sarà tagliato. Se il maiale è sacro, nessuno lo mangerà.