Dovranno esserci ancora ebrei quando l'ultimo ebreo sarà sterminato.
Queste famiglie! Tutte uguali, eppure ciascuna così fiera di sé!
Nella vita la cosa più audace è odiare la morte; sono disprezzabili e disperate le religioni che ottundono questo odio.
Quel che per il povero è la speranza, per il ricco è l'erede.
Perfino la finta modestia serve a qualcosa: aiuta gli altri a conservare la loro fiducia in sé.
Nel giornale si trova tutto. Basta leggerlo con sufficiente odio.
La patria dell'ebreo sono gli altri ebrei: perciò egli combatte per essi come pro ora et focis, e non vi è comunità sulla terra così salda come la loro.
Non sono i sei milioni di ebrei che mi preoccupano, è che i record sono fatti per essere battuti.
Se tutti gli ebrei fossero stati convertiti da Gesù Cristo, avremmo solo testimoni sospetti. Ma se fossero stati sterminati, non avremmo nessun testimone.
Gli ebrei, se sono buoni, sono migliori, se cattivi, peggiori dei cristiani.
Se un cristiano compie una cattiva azione la responsabilità è soltanto sua; se un ebreo compie una cattiva azione, la colpa ricade su tutti gli ebrei.
Essere ebreo è una condizione umana estrema, terribile e insondabile; una condizione di cui l'occidentale ha paura; e noi sappiamo che si ha paura di ciò che sta dentro di noi, non di ciò che ci è estraneo.
L'intenzione delle femmine è di degradare la vita. È questo, che ha voluto dire la leggenda degli ebrei, raccontando la cacciata dal paradiso terrestre per volontà di una femmina.
Gli ebrei sono costretti a contemplare, se non ad accettare o a razionalizzare, l'atroce paradosso della loro colpevolezza innocente, il fatto che sono stati loro a rappresentare nella storia occidentale l'occasione, la possibilità ricorrente per il gentile di diventare meno che umano.
Gli ebrei sono il popolo eletto del loro dio, ed egli è il dio eletto del suo popolo: e per il resto questo non interessa niente a nessuno.