Dà angoscia il vivere di un consumato amore. L'anima non cresce più.
— Daria Bignardi
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La nostra interpretazione
La frase esprime il dolore sottile e persistente che nasce quando un sentimento, un tempo vivo e fecondo, si è consumato ma continua a occupare spazio dentro di noi. Non si tratta di un’assenza netta, ma di una presenza stanca, logora, che non sa più generare slanci, desideri, visioni. Si vive allora in una specie di zona grigia: il ricordo di ciò che è stato tiene ancorati al passato, mentre il presente non offre più nutrimento emotivo. Da qui l’angoscia: ci si sente imprigionati in qualcosa che non ha più forza creativa, e proprio per questo blocca ogni possibilità di trasformazione. Quando un amore smette di crescere, smette di crescere anche chi lo abita. L’anima resta ferma, ripiegata su se stessa, incapace di rinnovarsi. Il dolore non è solo per ciò che si è perso, ma per ciò che non si riesce più a diventare. È la percezione di un potenziale tradito, di una vita interiore che avrebbe potuto espandersi e che invece ristagna. In questo immobilismo affettivo si consuma lentamente anche la fiducia nella possibilità di nuovi inizi. L’angoscia nasce dall’intuizione che, finché si rimane legati a ciò che è ormai esaurito, non c’è spazio per il futuro, e ogni passo avanti sembra tradire un passato che non si ha il coraggio di lasciar andare.
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