La montagna, nella Bibbia, è il luogo nel quale si svolge il dialogo tra Dio e l'uomo.
Vorrei sorvolare le montagne più alte del mondo come fanno gli uccelli durante le loro migrazioni. Loro non hanno maschera, ossigeno, GPS; hanno tutto nel loro istinto. Un istinto che sono convinto abbiamo anche noi se lo addestriamo bene.
La montagna mi ha fatto capire che è da sciocchi mettere la vita in banca sperando di ritrovarla con gli interessi. Mi ha aiutato a non essere troppo tonto, anche se un po' tonti si è tutti da giovani.
I miei piedi hanno calpestato tutte le superfici create da Dio, i suoi oceani, le sue paludi, le sue colline, le sue vette, per trovare finalmente un posto per me nella neve pungente da cui vedere, nella foschia azzurrina, un mondo di montagne sovrastanti altre montagne.
Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne.
Siamo giunti al quarantesimo anniversario della conquista del K2, e il CAI, finalmente, annuncia la tanto attesa revisione storica dell'assalto finale alla grande montagna.
Quando guardo una montagna aspetto sempre che si converta in vulcano.
Consideriamo l'alpinismo come un'opportunità per esprimere noi stessi fuori dalla giungla delle città che la burocrazia dilagante, il sistema paralizzante delle garanzie sociali e l'intolleranza borghese rendono sempre più simili a prigioni.
Non si può pervenire in cima alla montagna senza passare per vie difficili e scoscese; non giungere alla virtù senza che costi assai sforzi e fatiche. Ignorare la strada che s'ha a prendere, mettersi in cammino senza guida, é un volersi smarrire, un mettersi in pericolo della vita.
Per l'uomo la montagna è una figura paterna con cui misurarsi.
Vivere in montagna senza avere un rapporto con il Creatore e la creazione è impossibile, mentre abitare in città ci fa condurre un'esistenza allo stesso livello dell'asfalto.