Di rado gli esseri nobili amano la vita.
Le nostre religioni sono i cancri della specie e non ne guariremo che da morti.
Se c'è un Dio, il caos e la morte figureranno nel novero dei suoi attributi, se non c'è, non cambia nulla, poiché il caos e la morte basteranno a sé stessi fino alla consumazione dei secoli.
Il nostro destino è di continuare a moltiplicarci, unicamente per morire innumerevoli.
Tutti gli spirituali sono sorpassati, non vi è nessuna differenza tra maghi e preti, ci si rende altrettanto spregevoli a consultare gli uni quanto a rispettare gli altri.
È la fecondità, e non la fornicazione, a distruggere l'universo, è il dovere, e non il piacere.
Della vita, metà è di desiderio, e metà d'insoddisfazione. La vita è una atroce burletta.
La vita è un compromesso tra ciò che il tuo ego vuole fare, ciò che l'esperienza ti dice di fare, e ciò che i tuoi nervi ti fanno fare.
Il conio della saggezza è sapere che il resto è ruggine, e che la vera vita si trova nell'amore, nelle risate, e nel lavoro.
Non c'è maggior piacere (né maggior felicità) nella vita, che il non sentirla.
Niente di simile alla vita, dove le domande o non hanno alcuna risposta o ne trovano una ingarbugliata.
Che cosa sarebbe la vita se non avessimo il coraggio di fare tentativi?
La vita è un'avventura da vivere, non un problema da risolvere.
La vita non è che una lunga perdita di tutto ciò che si ama. Ci lasciamo dietro una scia di dolori. Il destino ci confonde con una prolissità di sofferenze insopportabili. E con tutto ciò ci si stupisce che i vecchi si ripetano. È la disperazione che ci rimbecillisce.
Gli antichi ci hanno insegnato a seguire la vita migliore e non la più piacevole, in modo che il piacere sia compagno e non guida di una buona e retta volontà.
La vita è, di fatto, una lotta. Su questo punto pessimisti e ottimisti si trovano d'accordo.