Essere o non essere, questo è il problema.
Basta una stilla di male per gettare un'ombra infamante su qualunque virtù.
Ride delle cicatrici d'amore, chi non ha mai provato una ferita.
La fama è come un flauto ove soffiamo sospetti, gelosie, congetture, e di uso così facile e semplice che la moltitudine, quello stupido mostro dalle innumerevoli teste, sempre discorde e ondeggiante, può facilmente suonarlo.
Oh, è stupendo avere forza da gigante ma è da tiranni usarla come un gigante.
La virtù è ardita e la bontà non ha mai paura.
La mia unica ambizione è quella di non essere nessuno, mi sembra la soluzione più sensata.
Sono quello che posso liberamente volere.
Io sono una parte di tutto quello che incontrerò.
Ognuno di noi è fatto da tanti se stesso e non solamente da uno. Diciamo che siamo come un'assemblea condominiale composta da tante persone diverse.
Chi è dappertutto, non è da nessuna parte.
Ciascuno di noi è, in verità, un'immagine del grande gabbiano, un'infinita idea di libertà, senza limiti.
Chi non è bello a vent'anni, forte a trenta, saggio a quaranta, ricco a cinquanta, non può sperare di diventarlo in seguito.
Chi non è bello a vent'anni, né forte a trenta, né ricco a quaranta, né saggio a cinquanta, non sarà mai bello, forte, ricco o saggio.
Chi non seppe esser giovine non sa esser vecchio.
Siamo troppo in ritardo per gli dei, troppo in anticipo per comprendere l'Essere.