Politica è dire sempre «noi» e mai «io».
Antipolitica è celebrare Falcone e Borsellino e poi trattare con la mafia o chiedere i voti alla mafia o stringere la mano ad Andreotti, a Cosentino, a Cuffaro, a Lombardo, a Dell'Utri.
Antipolitica è usare come ufficio di collocamento per amici, parenti e amanti il Parlamento, i giornali, le autorità indipendenti, le Asl, gli ospedali, le aziende pubbliche, le società miste, le banche, gli istituti culturali, la Rai, il cinema e perfino la fiction.
Antipolitica è chiamare i caduti sul lavoro «morti bianche» per far sembrare meno morti i morti e meno assassini gli assassini.
Politica è governare, non comandare. Politica è amare e far amare le regole, e perfino le tasse, perché aiutano tutti a vivere meglio.
Antipolitica è annunciare le grandi riforme e non farne mai una, neanche piccola.
Io sono in politica a causa del conflitto tra il bene e il male, e io credo che alla fine il bene debba prevalere.
Gli italiani sono un popolo di sedentari. Chi fa carriera ottiene una poltrona.
In politica ci corre una grande distanza dalle promesse alla realtà.
Ciò di cui c'è bisogno è un prolungato oltraggio... alle autorità viene dato fin troppo rispetto sconsiderato.
Meno le persone sanno di come vengono fatte le salsicce e le leggi e meglio dormono la notte.
La politica è forse l'unica professione per la quale non si ritiene necessaria alcuna preparazione.
La più grande virtù politica è non perdere il senso dell'insieme.
Il compito della politica non è fare le manifestazioni ma cambiare le cose.
Il divorzio dalla realtà del Paese riguarda una gestione autoreferenziale del potere politico e delle istituzioni mirata non al bene comune, bensí alla perpetuazione del sistema e alla sopravvivenza di chi lo rappresenta.
Io non posso permettermi di porre mano a quell'articolo della Costituzione che garantisce al Congresso il diritto di spesa, in materia di assistenza, dei soldi dei suoi costituenti.