L'intelligenza è la prontezza nel vedere le cose come sono.
Il corpo è uno strumento, la mente la sua funzione, il testimone e la ricompensa delle sue azioni.
Il fanatismo consiste nel raddoppiare gli sforzi quando si è dimenticato lo scopo.
La mente più saggia ha ancora qualcosa da apprendere.
Il caos è un nome per ogni ordine che causa confusione nelle nostre menti.
La nostra dignità non consiste in ciò che facciamo, ma in ciò che comprendiamo. Il mondo intero sta facendo delle cose.
L'intelligenza fa pensare. La credenza fa agire.
Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza.
L'intelligenza non è un privilegio è un dono, e va usato per il bene dell'umanità.
Mi fa orrore quando una bella intelligenza è abbinata a una personalità ripugnante.
Nella nostra civiltà, e nella nostra forma di governo repubblicano, l'intelligenza è tenuta in così alta considerazione che la si esonera automaticamente dal peso di qualsiasi pubblico ufficio.
Ci vuole qualcosa di più che l'intelligenza per agire in modo intelligente.
Mannerini mi ha insegnato che essere intelligenti non significa tanto accumulare nozioni, quanto selezionarle una volta accumulate, cercando di separare quelle utili da quelle disutili.
Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile.
Si è così profondi, ormai, che non si vede più niente. A forza di andare in profondità, si è sprofondati. Soltanto l'intelligenza, l'intelligenza che è anche «leggerezza», che sa essere «leggera», può sperare di risalire alla superficialità, alla banalità.
L'intelligenza non sembra più una giusta compensazione delle cose, una sorta di riequilibrio che la natura offre ai figli meno privilegiati, ma solo un superfluo gingillo che aumenta il valore del gioiello.