La pigrizia è madre. Ha un figlio, il furto, e una figlia, la fame.
La coscienza è il caos delle chimere, delle brame, dei tentativi; la fornace dei sogni; l'antro delle idee vergognose; il pandemonio dei sofismi; il campo di battaglia delle passioni.
Tra la nutrice che allatta e il precettore che insegna vi è analogia. Talvolta, quest'ultimo è padre più del genitore stesso, come la nutrice è madre più della madre vera.
Il sentimento non abbisogna di luce come il ragionamento, ma lo supera in potenza.
Chi non dice nulla fa fronte a tutto. Una parola che vi sfugga, presa nell'ingranaggio sconosciuto, può trascinarvi interamente sotto non si sa quali ruote.
Quando straripiamo sul male più che non appoggiamo sul bene, quella parte di noi che è sospesa sulla colpa finisce col vincere e precipita.
Il lavoro pensa, la pigrizia sogna.
La pigrizia non è altro che l'abitudine di riposarsi prima di essere stanchi.
È pigrizia passare troppo tempo negli studi.
Il pigro senza ambizione si rifiuta interamente alla lotta e decreta a se stesso il nome di filosofo.
La pigrizia porta ad adagiarsi nell'abitudine, che vuol dire intorpidimento della curiosità critica e sclerosi della umana sensibilità.
Questa mania di dare del pazzo a quelli che non si comprendono! Che pigrizia mentale!
Sono pigro. Ma sono le persone pigre che hanno inventato la ruota e la bicicletta, perché a loro non piaceva camminare o trasportare le cose.
Oserò qui esporre che cosa prescriva la più grande, la più importante, la più preziosa regola di tutta l'educazione? Non già di guadagnare tempo, ma di perderne.
Dittatore benevolo? No, sono solo pigro.
La pigrizia è il trono del peccato.