Non merita d'essere letto il libro che non lasci desiderio d'essere riletto.
Insegna l'adagio latino che bisogna guardarsi dall'uomo di un solo libro, ed ha ragione; ma bisogna anche guardarsi un qualche po' dall'uomo di troppi libri.
L'uomo che potendo, per natura, essere arguto e caustico, sappia serbarsi benevolo, è animale raro.
Il saggio sdegna, non di ridere, ma di deridere.
L'esperienza ammonisce che bisogna qualche volta chiudere un occhio, ma che non bisogna mai chiuderli tutt'e due.
Bisogna essere un pedante ben fastidioso per volere, tutte le volte che il cuore parla, fare interloquir la ragione.
I libri sono cose già pensate, già fatte, già dette, che tu devi elaborare, fare tue. Il tuo interlocutore di carta è sempre gentile, paziente, non ti lascia mai a metà strada. È una persona che ti chiede di ascoltarlo, con il quale puoi fare dei viaggi meravigliosi.
Pubblicare un libro è parlare a tavola davanti ai domestici.
Non vi sono libri morali o libri immorali. Vi sono libri scritti bene e libri scritti male, e nient'altro.
Il libro ti muta nell'essenza.
Si possono leggere libri scritti da persone la cui compagnia non ci riuscirebbe gradevole, e dunque un'elevata cultura spirituale ci induce a poco a poco a trovare il nostro godimento quasi esclusivamente nella lettura dei libri e non nella conversazione con le persone.
D'un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.
I libri più vecchi per chi non li ha letti sono appena usciti.
La scuola e l'università dovrebbero servire a far capire che nessun libro che parla d'un libro dice di più del libro in questione; invece fanno di tutto per far credere il contrario.
Molti libri non richiedono di riflettere a chi li legge, e per una ragione molto semplice: essi non fecero tale richiesta a coloro chi li scrissero.
Il nome di uno scrittore, il titolo di un libro, possono a volte, e per alcuni, suonare come quello di una patria.