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Chi non conosce gli scacchi è forse portato a vedere in questo gioco un'attività noiosa, adatta a eccentrici sfaccendati o a persone anziane: a gente che possegga, in ogni caso, una gran dose di pazienza e una notevole quantità di tempo da perdere.
Questo gioco arcaico, matematico, simbolico, non ha nulla dello sport: non produce campioni fatti di carne di manzo, non è cordiale, è silenzioso, maniacale, malsano, genera nevrotici protagonisti di un freddo sogno di simboli e tornei, di numeri e di re.
Gli scacchi sono il più cospicuo spreco di intelligenza umana che si possa riscontrare al di fuori di un'agenzia di pubblicità.
Mentre non tutti gli artisti sono giocatori di scacchi, tutti i giocatori di scacchi sono artisti.
Il gioco degli scacchi è il gioco che conferisce più onore all'intelletto umano.
Su molti giocatori il gioco esercita un fascino peculiare; durante la partita dimenticano qualsiasi altra cosa: moglie, amici, famiglia, affari. Gli scacchi diventano un mondo a sé, le partite possono durare per ore, talvolta per giorni interi, e il mondo esterno non esiste più.
Qualche spiritoso ha detto che gli scacchi sono troppo difficili per essere un gioco e troppo facili per essere una scienza.
L'uomo mite e passivo può giocare in modo brillante sfogando la sua aggressività sulla scacchiera; al contrario, l'uomo aggressivo può trovare una compensazione in un gioco tranquillo.
Il gioco degli scacchi è una contesa tra due uomini che si presta particolarmente bene a esprimere quei conflitti che sono collegati all'aggressività.
Gli scacchi sono molto più vicini degli altri giochi all'arte e alla scienza.
L'unico gioco che appartenga a tutti i popoli e a tutti i tempi e di cui nessuno sa quale iddio l'abbia portato sulla terra per ammazzare la noia, acuire i sensi, avvincere l'anima.
La misteriosa attrazione del "gioco dei re", l'unico fra tutti i giochi che si sottragga sovranamente alla tirannia del caso e dia la palma della vittoria all'intelletto soltanto.
Voler giocare contro sé stesso, costituisce negli scacchi un paradosso, come voler saltare sopra la propria ombra.